23 Novembre 2021

Tendiscarpe in legno di cedro

Nel dialogare attorno alle scarpe come abito del piede non si può non considerare l’infanzia e i suoi di piedi e il valore emozionale e simbolico che assume la calzatura, che qui si fa più che mai tasca, luogo nel quale custodire, preservare, curare nel senso di prendersi cura di un piede che intenerisce per la sua forma piena, rotonda, ancora incapace di reggere e sorreggere, spostare e avanzare. Un piede sacro, che si vuole conservare sano e caldo per il primo, indimenticabile -  come le sue scarpe - passo. Ne sono la prova il proliferare, nelle collezioni nouveau née, di ogni tipologia di scarpina, incluisi sandali e infradito, calzata 18. I grandi marchi, anche quelli che non hanno al loro attivo una licenza bambino, ne hanno prodotte in quantità sfruttando i loghi e colori  del brand per attirare zie e nonni ma anche, e con gran successo, chi ha solo la mania del tiny.
La primissima scarpa è un copripiede in tessuto dalla forma a biscotto arricciato leggermente nella parte superiore, quel tanto che basta, da farlo sembrare realmente un piccolo sacchettino, una tasca. D'altro canto le babbucce da notte, sferruzzate da abili mani nei secoli e sino a pochi decenni or sono, erano trattenute da una sottile coulisse che le adattava perfettamente al piede e non solo a quello delle bambine e dei bambini.
Rara e desiderata nei secoli passati, simbolo di ostentata agiatezza per molti, nel 1400 Beato Giovanni Dominici nel suo trattato pedagogico attorno alla Regola del governo di cura della famiglia, consigliava, di dare come premio ai bambini per indurli a fare sempre meglio, scarpette nuove o altri indumenti desiderati. 
In epoca contemporanea sono il simbolo di una battaglia perduta: quella contro la povertà. Sono ciò che resta di un'avvenuta violenza, della fuga, di una collutazione, le si ritrova sul ciglio della strada, abbandonate nei parchi, nelle aiuole, nascoste nei cespugli delle aree verdi delle città lasciate lì, magari da recuperare più tardi, un giorno, chissà...vi portano impressi il peso e i passi di un qualcuno che le ha indossate sino a logorarle, i luoghi attraversati, la sua vita.

Chiharu Shiota (Osaka 1972): Over the Continents, Scarpe vecchie e lana rossa, 2011

Per venire alle figure nei libri di letteratura dedicati all'infanzia se c’è un autore e illustratore che  in ogni suo disegno di personaggio e situazione legata all'infanzia dedica tempo e spazio, ovvero sguardo, all’abbigliamento e all’iconico accessorio, questo è sicuramente Chris Riddell. Ne sono un esempio due bambine, due femmine nate dalla sua penna, particolarmente amate e in modo trasversale, ovvero lette anche dai maschi e simpatiche agli adulti: Ottoline Brown, O in famiglia, e Agata De Gotici, figlia unica di Lord De Gotici del Palazzo di Gorgonza coi Grilli e della bellissima Partenope fu-nambola di Salonicco.

Lasciando in disparte per un attimo Agata, il suo guardaroba settimanale, i suoi scarponi chiodati e le ballerine in pelle nera appartenute alla mamma, sulla quale sicuramente torneremo in un secondo momento, è su Ottoline parlando di scarpe che l’attenzione è catturata. 
Inglese, dai tratti aristocratici, bionda color del lino, occhio chiaro, collo lungo e sottile, è una bambina di città, settenne o ottenne poco importa, perfettamente autonoma e scoppiettante creatività e idee bizzarre. 
Quattro sono i racconti finora pubblicati e sulle preziose copertine, con piatto e dorso fregiati in oro a disegnare un medaglione di filigrana dalle molteplici O tutt’attorno, e nelle prime pagine di ognuno dei quattro libri lei, O appare ritratta in un ovale tutto riccioli e svolazzi come in un prezioso cammeo da portare al collo o da appuntarsi sull’abito e, come in un tondo rinascimentale, lo sguardo è rivolto fiero a chi osserva. In questi ovali O appare sempre abbigliata di tutto punto nessun particolare sfugge a Riddell: dal piccolo bottone ricoperto che ferma il grande risvolto della manica della marsina rossa alle doppie lavorazioni tra corpetto e gonna dell’abito smanicato così come alle pettinature: da acconciature per bene a capelli da risveglio, alle trecce tanto in voga e trasversali in questo periodo e tra le bambine di ogni epoca e alle scarpe. Ecco le scarpe. 

Chris Riddell, Ottoline va a Scuola, Il Castoro 2009

Il più grande vezzo di Ottoline sono le scarpe e mentre i genitori, esploratori sempre in giro per le parti più recondite e sconosciute del mondo, sono collezioni, accumulatori seriali e compulsivi di qualsiasi oggetto, Ottoline ha la passione per le scarpe, malattia che - da casi eclatanti come quello di Imelda Marcos e della sua leggendaria collezione di 2.700 paia di scarpe - contagia una vasta fetta di popolazione femminile e maschile di tutte le età e che in sé non racconta nulla di nuovo ma l’idea innovativa della piccola Ottoline è che lei le indossa spaiate: mai una scarpa uguale all’altra, mai la sinistra uguale alla destra se non forse per tipologia!  Tutte le volte che Ottoline acquista un paio di scarpe ne sistema una nella sua preziosa ed estrosa collezione di Scarpe Spaiate e l’altra la indossa alla prima occasione trovandole una compagna di tutt’altro genere o colore e forma. 
Nessuno farà caso lì per lì alla consuetudine di quella bambina così per bene, impeccabilmente abbigliata seppur in casa, seduta su un pouf Biedermeier intenta a scrivere su un taccuino color rosso principale cattura occhio del frontespizio. Ma quando lo sguardo riuscirà a liberarsi dal colore ecco che perlustrando la pagina e l’immagine si accorgerà che il morbido pantalone appena sopra la caviglia lascia scoperte una snikers e un elegante stivaletto stringato bicolor bianco con la punta nera leggermente bombata e non sarà difficile incontrarla per le strade di Big City, nel primo come nell’ultimo libro, con una scarpa a polacchino e una stringata bassa; con una Start-Rite e una stringata bassa di diverso colore, uno stivaletto da pioggia nero e uno a grandi pois, una All-Star e una Start-Rite colorata, in abbinamenti infiniti. O con lo sguardo appeso alla vetrina del negozio di Scarpe della Terza Strada della sua amica Chantal dove le Scarpe Orso Bianco spiccano nella vetrina per la loro personalità.
Calde e comode si possono trovare in svariati modelli: pantofole Pinguino, ballerine Esquimesi, zeppe Caribù, stivali Renna, giganteschi stivali da Palude in gomma, scarpe da sera Oca delle Nevi, infradito Pinguino, ballerine Elfo, pantofoline Picca da ghiaccio, sandali Fiocco di neve, doposcì Yeti, mocassino Inuit, stivali papà Natale e Igloo.

Chris Riddell, Ottoline e la Volpe Viola, Il Castoro 2017

Riddell continua a non eludere alcun particolare, raccontandoci così anche un po’ di sé e del suo sguardo sull’infanzia e per rendere Ottoline reale introduce quell’elemento che, nell’età della protagonista diventa parte integrante della sua personalità, del suo carattere e di quello che vuole dire di sé al mondo con efficacia e fermezza: abbigliamento e accessori.
Non ci sono altre sorelle come lei nella letteratura né Pippi con le sue lunghe scarpe per far muovere le dita dei piedi perché a loro piace muoversi dentro le scarpe, né quell’ Alice così composta con scarpette in pelle nera o Cenerentola con quella di cristallo da sogno, di Ottoline che calza sul piede sinistro una Start-Rite Royal Baby e sul destro una Chuck Taylor All Star Hight ce n’è veramente una sola! 

Chris Riddell, Ottoline va a Scuola, Il Castoro 2009

La Società che nel 1921 prese il nome di Start-Rite, letteralmente rito iniziale riferendosi alla prima scarpa, è una società calzaturiera inglese tra le più antiche, fondata nel 1792 probabilmente da un ciabattino, produceva scarpe da uomo e da donna e fu tra le prime ad occuparsi di calzature per bambine e bambini a partire dal ventennio del secolo scorso. 

William Grimmond 1884-1952

Le Royal-Baby sono un modello unisex che entrano alla corte di Inghilterra nel 1950. Sulla scia del loro successo, grazie anche a studi ergonomici autofinanziati e alla scelta dei materiali, rappresentanti dell’ormai industria calzaturiera vennero invitati a Buckingham Palace per vestire i piedi dei piccoli reali e nel 1955 ricevettero dalla Regina Elisabetta II il Royal Warrant of Appointment, un'onorificenza conferita alle società dalla Famiglia Reale che certifica il servizio reso alla Corona Inglese: la Start-Rite divenne l’unico fornitore di scarpe per i giovani piedi di principesse e principi inglesi che entro la fine del secolo scorso ne avevano indossate circa 1500 paia e i principini George, Carlotta e Louis continuano la tradizione.

Meno regale ma calzato nel medesimo modo il piede di Billy Moon al secolo Christopher Robin Milne figlio di Dorothy de Sélincourt e Alan Alexander Milne a cui si deve l’orsetto amato da tutti: Winnie-The-Pooh. Ma se sulle Start-Rite non ebbe da dire nulla il piccolo Billy Moon dichiarò che non avrebbe mai potuto rinunciare ai suoi Wellies o Wellington boots dal nome del Duca di Wellington Arthur Wellesley I, che gli permettevano di non bagnarsi, di non scivolare, di non sporcarsi con sporcizia e fango percorrendo i 9,5 acri di terreno, quello che nella finzione viene chiamato il Bosco dei Cento Acri, inseguendo le avventure del suo inseparabile orsetto o partecipando ad una spedizione anche nei giorni di brutto, pessimo,  tempo. 

A.A.Milne, Ernest H. Shepard, Winnie-The-pooh, 1954

Hallo, Pooh Bear. I can't get this boot on.
That’s bad, said Pooh.
Do you think you could very kindly lean against me, ‘cos I keep pulling so hard that I fall over back-wards.
Pooh sat down, dug his feet into the ground, and pushed hard against Christopher Robin’sback, and Christopher Robin pushed hard against his, and pulled at his boot until he had got it on.

A.A. Milne, Winnie-the-Pooh 


Teresa Sdralevich, The Polish Shoes (Le mie polacchine), La grande Illusion 2015

Everybody says: that I need a new pair of shoes

Non è possibile risalire a quando la calzatura da irrinunciabile abito del piede divenne accessorio iconico, oggetto di seduzione, al quale conferire un valore completamente differente rispetto a quello per cui era nata. Un piede calzato da una bella scarpa seduce, la scarpa nelle produzioni odierne, un determinato tipo di scarpa, è pensata proprio per sedurre, si pensi per esempio al modello Kate proposto in innumerevoli varianti e altezze di Christian Louboutin, l’intera produzione di Manolo Blahnik e il successo tra le fashion victim di Jimmy Choo, per citare solo alcuni.
Quando tutto questo sia accaduto e la situazione scivolata di mano non si può dire, certo, ancora una volta il Beato Giovanni Dominici nella sua RegolA del Governo della Famiglia riferendosi all’educazione dei bambini, ebbe a scrivere:

Quanto tempo si perde in pettinargli spesso, tener biondi i capilli se son femmine, e forse ancora fargli ricciuti. Quanto si vaneggia e spende a fare le berrettuccie ricamate, mantellucci inarientati, gonnelluccie accincigliate, scarpettuccie dipinte e calze solate.

Teresa Sdralevich, The Polish Shoes (Le mie polacchine), La grande Illusion 2015

Certo è che i modelli di scarpe si sono così velocemente moltiplicati da coprire con uno o più modelli ogni occasione e ora del giorno e della notte passando dall’essere genere di assoluta necessità a oggetto usa e getta, sino ad arrivare a far girar la testa.
Questo deve essere successo alla protagonista di un volumetto dal titolo The Polish Shoes (Le mie polacchine).
Everybody says: that I need a new pair of shoes ma scegliere è difficilissimo, ci sono scarpe da vamp, scarpe zampa, colori a forma di scarpa, tacchi strepitosi, scarpe per salire e per scendere, polverizzando le già infinite occasioni d’uso, scarpe per restare e per andarsene, scarpe che si possono prestare altre meglio neppure pensarci! 
Così alla fine dopo questo vortice forse non resta altro da fare chelucidare per bene le vecchie e fidate polacchine.

Teresa Sdralevich, The Polish Shoes (Le mie polacchine), La grande Illusion 2015

Cover Moda un'altra storia: Vittoria Facchini, Smarrita da (ma) basta la parola? - 160 cartoline dall'azzurro alla zebra124/160, Edizioni Officina blu 2006
Cover: Sophie Leblanc, Mes pieds, olio su tela



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