Attenti a quelle due! Mai monito fu più appropriato innanzi alle autrici di Jip e Janneke. Amici per sempre e, per i lettori di LupoGuido, del più famoso, ma in vantaggio di poco, Pluk. Che moto se non di estrema simpatia possiamo avere tutti, grandi e piccini, innanzi a queste due signore, Annie M.G. Schmidt e Fiep Westendorp dalla risata sonora, anche se la possiamo solo immaginare, lo sguardo attento, curioso e furbo! E’ con questo sentimento e già divertiti che da bambine e da bambini, così come da adulti approcciamo questo libro di recente pubblicazione, dalla copertina rossa sulla quale si affacciano due nuovi amici ritratti in un gesto di estrema gentilezza. Un bell’effetto a camei rotondi che si rincorrono sul rosso dei risguardi, piccoli daggherotipi scoppiettanti da mischiare a una maglietta a righe...  

Di Jip e Janneke, novità dell’autunno nel catalogo Lupoguido, la loro traduttrice, Valentina Freschi, ha a cuore di dire in una piccola nota che quella J si pronuncia come se fosse una Y, e di questo i lettori le saranno grati perché non cresceranno col dubbio, come spesso avviene con lingue sconosciute, di aver pronunciato per tutta la vita, e male, il nome di alcuni tra i personaggi più amati. 
Jip e Janneke sono un bambino e una bambina. In realtà due figurine nere che sono lì a raccontare di un’infanzia vissuta intensamente, divertente, complice, sperimentale, in grande attività. Sono l’infanzia del fare, del tutto possibile, dell’io faccio e riesco da solo, per questo non hanno bisogno di tratti distintivi, di occhi azzurri (anche se sappiamo che questo è il colore degli occhietti di Janneke), guance di mela, capelli rossi o biondi e lentiggini a profusione. Loro sono l’infanzia, quel concentrato che è di tutti quelli alti da così a così.

Il racconto inizia con un evento, con quel perturbante che cambia la narrazione, una narrazione a monte che possiamo solo immaginare nella noia di Jip che, da solo oggi, non sa bene cosa fare. Il buco nella siepe, alla fine della seconda riga del primo breve capitolo con illustrazione, probabilmente era lì anche il giorno prima e il giorno prima del giorno prima ancora ma Jip lo nota solo oggi.
La casa accanto e il giardino della casa accanto, anche. Sicuramente non sono stati costruiti nei giorni precedenti e nulla ci lascia pensare che Janneke e i suoi genitori vi si siano trasferiti nottetempo. Tutto nell’intorno del quotidiano di Jip e Janneke era già predisposto al loro incontro. Vite tranquille e prossime, addirittura adiacenti, crescevano nell’attesa di quel momento o meglio, di quella notte. La notte che segna il passaggio da piccolo a non più così piccolo. Quella notte che separa il giorno prima in cui basta casa, il giardino, piccolo fuori da scoprire e immaginare, i propri giochi e sé stessi, e il giorno dopo dove l’occhio ha bisogno di nuovi orizzonti, ha prospettive diverse e vede con la sua coda ciò che potremmo giurare che ieri, dico solo ieri, non fosse stato lì.

Abito qui. Ieri non abitavi ancora qui. Oggi sì. 

E’ questa l’essenza. Certo ogni passaggio ha le sue difficoltà e in men che non si dica Jip rimane incastrato nel buco della siepe senza poter più tornare indietro o gettarsi al di là: gambe a casa e testa e braccia nel giardino di Janneke. Ma una volta libero grazie all’intervento dei due papà e capito che forse è meglio usare la porta per uscire da casa e entrare da Janneke, il gioco è fatto, il passaggio avvenuto e l’incontro con l’altro da sé risulta essere molto interessante. Jip e Janneke diventano così compagni di un quotidiano condiviso, di giochi che li vedono impegnati nelle azioni del fare, in quelle in cui l’esperienza si fa fondante, dove si srotola il proprio romanzo quello che vede i due impegnati a diventare grandi.

Ma non c’è noia in questo, c’è dinamismo, capacità di mettersi in situazioni nuove e gestirle giocando e divertendosi. C’è movimento di testa e ancor più di gambe e di braccia. C’è esperienza  nell’uscire e andare a fare compere, nel provare la scala mobile, nel pelare le mele per fare la mousse e tagliarsi, nel giocare a mamma e papà e nel condividere un panino con l’amico orso, ancora lui non è tempo di lasciarlo. Ci sono i litigi e i piccoli battibecchi che allenano la dialettica, il prendersi cura o il provare a stare senza. C’è il desiderio di arrivare prima dalla mamma che non sta tanto bene, portandole il vassoio della colazione, anche se è la prima volta, il vassoio pesa e litigare per le scale genera solo quel patapam così sonoro. Arriva così anche la sera in cui si decide di dormire l’uno a casa dell’altro, di lavarsi i denti in contemporanea nello stesso lavandino sino al desiderare di vestirsi con gli stessi panni anche se si è maschio e femmina. Stare nei panni altrui. Desiderare lo stesso cappello o la stessa cartella. Giurare mano alzata di non litigare mentre già si fa garetta per qualcosa di assolutamente inutile, ma garetta è garetta e poi la mia valigia è più bella della tua e tutto quello che ne segue è sorriso.

E così per quaranta brevi, brevissimi capitoli illustrati da queste figurine nere sempre pronte a condividere un gioco, il quotidiano, quel che è semplice ma mai banale, l’audacia, la voglia di sperimentare, la caparbietà di fare da soli e la soddisfazione di riuscirci, l’essere grandi. Da leggere in un soffio o da centellinare giorno dopo giorno per non finire subito i sorrisi, per non separarsi da due amici che rapidamente sentiremo essere del cuore, ma anche se fosse il contrario sarà la bellezza di ricominciare il giorno dopo.

Jip e Janneke. Amici per sempre
di Annie M.G. Schmidt con le illustrazioni di Fiep Westendorp
traduzione Valentina Freschi
edito LupoGuido, Milano 2020
15euro

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