24 Febbraio 2021

Il Signor Paltò di Sieb Posthuma

Sieb Posthuma,Il Signor Paltò, Gribaudo, Milano 2012

Gribaudo nel 2012, nella collana Raggi di sole, e mai nome di collana fu più azzeccato per un libro, porta sui nostri scaffali un albo illustrato tradotto da una giovanissima Valentina Freschi. Si trattava di Il Signor Paltò dell’illustratore, scenografo, costumista e autore olandese Sieb Posthuma.
Un racconto d’amore per grandi, molto grandi e piccoli e soprattutto per tutte quelle persone, maschi e femmine, che sempre, in tutte le stagioni, hanno bisogno di vestirsi, come si usa  dire, a cipolla. Strati su strati. Coprendo, nascondendo, abbozzolando sé stessi in abiti sempre più pesanti, sempre più grandi, larghi e lunghi. E nonostante questo continuando ad avere freddo. Un freddo di cui non si può dire ma ancor meno sopportare.

Sieb Posthuma,Il Signor Paltò, Gribaudo, Milano 2012  

Il Signor Paltò ha bisogno di calore. Ma non è questione di latitudine o longitudine. E’ questione estremamente delicata: non sono sufficienti tre stufe, e che dire dell’inutilità di sette enormi, gigantesche coperte elettriche e due borse di acqua calda sopra e una legata sulla pancia; di tre paia di mutandoni e tre canottiere di lana, quattro pullover molto pesantiChe dire di tre cappotti, i più pesanti dell’intero negozio di cappotti, indossati uno sopra l’altro. Delle coperte della migliore e più calda lana di pecora con le quali si fece confezionare da un sarto paziente tanti e più cappotti che potè e tanti e più cappotti indossò uno sull’altro per combattere quel freddo che, anche se faceva caldo, lo tormentava. 

Sieb Posthuma,Il Signor Paltò, Gribaudo, Milano 2012

Una canottiera sull’altra e sono tre, tre mutande, e i pullover e già il piccolo, secchetto, Signor Paltò tende a scomparire. Il suo corpo ad assomigliare a qualcosa di informe e senza personalità. Eppure accanto alle sue tre stufe, dalle divertenti fogge, nelle cui pance arde un allegro fuoco meglio di quello di un drago, che emanano calore a più non posso, il Signor Paltò sfoggia dei calzetti a righe bianchi e rossi, delle pantofole color della zucca che con quei calzini fanno un duo speciale, che attira l’occhio, che parla di particolare, di estroso. E che dire del suo berretto. Ricordo di un tempo passato, di un secolo dove a portarlo, simile, così giocoso erano le bambine, qui lo immaginiamo di calda lana cotta. Lo slancia quel cappello dalla foggia così spiritosa, addolcisce i suoi lineamenti: nulla di lui si vede se non quel viso pallido di freddo, spuntare da almeno nove cappotti che aumentano di taglia, di volume, dove le maniche si allungano a coprire le mani, i piedi son più lontani di quelli di Alice. Non ha più un corpo il Signor Paltò ma una tenda di strati e strati, che con quel cappello ricorda quella del circo. Non può passare dalle porte così s-tra-vestito. Non può rientrare nella sua casa, accoccolarsi vicino alle sue stufe...ecco le stufe. E mentre sprofonda nei baveri-ri-ri-ri-ri-alzati le sue stufe gli vengono portate sotto quella capanna che è diventato.

Sieb Posthuma,Il Signor Paltò, Gribaudo, Milano 2012

Eppure il freddo non demorde. E’ in agguato. Il Signor Paltò si è annullato, è diventato un fenomeno da baraccone, tutti accorrono a vedere quel cumulo di cappotti ambulante che fuma dalle maniche, sbuffi densi e caldi ma che ahimè lui continua a sentire freddi e sinuosi.
Ma non è un freddo dato dal freddo, non è un freddo diverso in ogni stagione, non è un freddo che tanta o poca lana possa scaldare. E’ il suo cuore che sente freddo, la sua solitudine è incolmabile, c’è un eco acuto e gelido, vuoto, in quello stare da solo che non è una volontà piuttosto un fatto, accaduto, tant’è. E’ mancato un incontro, la persona a cui dare un appuntamento e poi andare col cuore che fa le capriole al pensiero e contare i giorni. E’ così che è successo che quell’essere solo ha rilasciato il suo tormento in attesa che qualcuno potesse udirlo, coglierlo, guardarlo e magari guarirlo. E’ un freddo dentro quello del Signor Paltò. 



A qualcuno venne in mente però, che genio!, che in un altro paese una signora avendo sempre freddo si era ricoperta di cappotti e a forza di infilarli uno sull’altro era sparita!
La chiamavano Signora Paltò. Detto fatto, certo con un po’ di fatica perchè ci volle un gru, un camion grande per poter far incontrare i due ma, ad incontro avvenuto ci si può solo immaginare la quantità di cappotti che poterono stendere a casa loro, che lasciarono sul pavimento per prendersi finalmente un té e godere dell’ultimo sole al tramonto seduti su una panchina al parco, non più infreddoliti, non più coperti da non vederli, non più celati da tanta sofferenza, ma sereni nei loro due paltò: lui col suo da maschio e lei col suo da femmina. 

Scarpette e cappelli, gote velate di rosso, tutto è da ammirare in questo albo che col tempo è diventato una piece teatrale. Da seguire tra le pagine senza alcun dubbio un piccolo uccello rosso.

Sieb Posthuma,Il Signor Paltò, Gribaudo, Milano 2012

 Il Signor Paltò
di Sieb Posthuma
edito Gribaudo, Milano 2012
collana Raggi di sole
traduzione Valentina Freschi
euro 12

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