26 Gennaio 2021

I vestiti impossibili di Chiara Rapaccini

I vestiti impossibili è un albo del 2012 scritto e illustrato da Chiara Rapaccini, in arte Rap, e pubblicato da Adriano Salani Editore. Un albo spiritoso quanto prezioso, una piccola rivoluzione che l’infanzia mette in atto ai danni dell’adulto giocandola tutta sull'abbigliamento: a ciò che più gli piace e che se potesse indosserebbe ancora; alla sua proiezione dell’infanzia unica possibile alla quale i più piccoli debbono attenersi per non deluderlo o innervosirlo; all’adeguamento alle convenzioni sociali e al fashion system. Un altro inno alla travolgente immaginazione dell'infanzia.
Prezioso poi perché quando sono i bambini a non adattarsi a ciò che indossano – cosa che succede molto più spesso di quanto pensiamo – i loro umani adulti dovrebbero necessariamente porsi delle domande  su quel che scelgono di fare indossare a bambini e bambine, in particolare modo a queste ultime, cosa non di poco conto  se si guarda all'attuale periodo storico.

Vorrei possedere vestiti impossibili per fare cose impossibili. Posso?

Può così succedere che l’infanzia trovi anche solo noiosi, non necessariamente scomodi o brutti, gli abiti che è costretta a indossare tutti i giorni. Abiti che hanno vestito fratelli e sorelle più grandi, ma anche cugini e cugine, qualche bambino figlio di amici intimi o il fratello o la sorella del compagno o della compagna di scuola. Chi non ha mai dovuto indossare gonne o pantaloni di lana gratterina? Quella che punge. Che gratta. Che non ti ci abitui neppure…Chi non ha mai indossato indumenti dai colori improbabili come quelli che hanno visto troppe lavatrici ma anche altri, svariati, colori e che per questo continuano a virare ad altro ancora stingendo in qualcosa di improbabile anche per la gamma colori più all’avanguardia o avveniristica. In questo modo l’aspetto che si assume è stinto, usato, un po’ infeltrito, corto così come quello che si indossa, e il proprio abbigliamento giorno dopo giorno non solo non si adatta ai propri gusti, classici o bizzarri che siano,  ma neppure li asseconda lontanamente.

Io sono stufa dei miei vestiti noiosi e senza colori 

afferma Carlotta che, tolto il grembiule di scuola dall’improbabile accostamento turchese e giallo, si ritrova più antica e noiosa di sua zia Pina. Per non parlare poi dei capelli. Due codini ogni giorno stretti e allacciati da due fiocchetti! Delle teste dei bambini e delle bambine, sull’adattamento alle norme sociali che passa senza discussione anche da una testa pulita, in ordine e ben pettinata, ho scritto in un articolo di approfondimento qui.

Così Carlotta decide di ribellarsi a questo stile slavato e fuori moda disegnando, immaginando, fantasticando un guardaroba decisamente impossibile quanto divertente. Basta con questo stupido berrettino – per intendersi quello rosso con il pon-pon blu fatto dalla zia Pina, ovviamente, a Natale, altrettanto ovviamente 

Io, i miei cappelli li vorrei strani e diversi per ogni occasione. Per esempio così…

e qui si aprono pagine di cappelli e capelli, abiti, accessori, scarpe e pettinature da poter ricavare spunti per almeno tre stagioni! Ci sono berretti volanti per volare fuori dalla finestra; il cappello sandwich è comodissimo per quando hai fame;  per fare le sceme in cucina sono fantastici i cappelli a pentola, cappelli nevosi che attirano la neve e le corone che servono a mettere soggezione ai genitori. Diventano subito buonissimi... riempiono lo spazio lasciato dal bitorzoluto cappello di cattivo gusto. Il vestito di schiuma morbidissimo e le scarpe ingarbugliate – l’intera pagina dedicata alla scarpe affascinerebbe anche la zia Pina di tutti, c’è da starne certi! e manderebbe letteralmente in visibilio Ottoline – sono qualcosa che va oltre, pur appartenendo all’immaginario di più di un bambino e di una bambina, e dei giochi in casa ricoprendosi di schiuma nella vasca durante il bagno quotidiano o giocando col contenuto del cassetto o dell’armadietto delle pentole mettendosi lo scolapasta o una pentola in testa – meglio decisamente della zuppiera di Emil.
Le mutande che si riscaldano e gli orecchini lumache che lasciano la bava completano la pagina degli accessori…due cosette insomma!

La mamma però dice che non posso uscire vestita così. Ma insomma. Perché no?

L’outfit finale conclude la giornata giocosa di una bambina particolarmente fantasiosa. Il veto di poter uscire bardata a quel modo che arriva dalla mamma riporta a ben altra realtà: che sono sempre i grandi a decidere cosa far indossare ai bambini. Che non conta gusto proprio e comodità, non sempre e non in tutte le occasioni. Che c’è un ordine e una simmetria da rispettare: prima le calze delle scarpe, le mutande dei pantaloni, e che la calza sinistra deve essere uguale a quella destra e che le calze non parlano e i calzini non possono essere di preferenza sporchissimi, ma soprattutto che non si possono indossare scarpe spaiate, che non sono ammesse pettinature schifose porta ragni per convenzione sociale. E la morale è sempre la stessa: che quando si tratta di fashion gli umani adulti si fanno serissimi ed esigenti, smettono di giocare e di ricordarsi che la lana sulle gambe pizzica soprattutto se infeltrita e che i calzini devono lasciare un po’ di lanetta tra le dita se no non sono divertenti - e possono spaiarsi - e le scarpe il segno sulle calze così anche quando te le togli sembra di averle ancora sù. Ma soprattutto che gli abiti devono muoversi con i bambini, assecondare movimenti e qualche centimetro di crescita.


I vestiti impossibili
di Chiara Rapaccini
edito Adriano Salani Editore
euro 12
età di lettura dai 6 anni


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