10 Gennaio 2021

Facciamo che di André Marois con le illustrazioni di Gérard DuBois

André Marois, Gérard DuBois, Facciamo che, orecchio acerbo, Roma 2016

André Marois e Gérard Dubois con Facciamo che di Orecchio Acerbo sdoganano un’infanzia creativa, giocosa e in assoluto movimento! Quell’infanzia di carattere, nel proprio mondo, lontana da pensieri adulti, che si esprime giocando e trafficando, andando e tornando che tanto ci piacerebbe trovare più spesso negli albi illustrati o almeno in quelli destinati a loro, ai bambini e alle bambine.

È l’infanzia delle strade di Parigi che Robert Doisneau nell’arco di una vita ha immortalato col suo obiettivo, quei bambini in magmatico movimento che corrono, saltano, si arrampicano su una fontana in Saint Sulpice per salvarsi da un compagno di giochi che arriva all’impazzata scivolando sui suoi schettini o che irriverentemente suonano i campanelli delle case per e poi scappare via tra le risate. Tutti rigorosamente in pantaloni corti, estate e inverno, come per tutta la prima metà del ‘900 si vuole per i bambini. In calzetti o calzettoni comunque rigorosamente scivolati alla caviglia, scarpe basse o polacchini stringati alla francese, quando ancora non esistevano velcro e scarpe ginniche. Camicie e camiciole spesso a maniche corte tutto l’anno e sopra un gilet o un pullover lavorato a maglia da una nonna, una mamma o una zia. Quando il cappotto spesso era solo una giacchetta in un pruriginoso tweed magari ereditata e già risvoltata, e i bambini giocavano per strada e nei cortili e le mamme indossavano leggeri ed eleganti abiti da casa come grembiuli quando non lavoravano in ufficio o in fabbrica.

André Marois, Gérard DuBois, Facciamo che, orecchio acerbo, Roma 2016

Superati i risguardi di un bell’azzurro cielo dove si respira aria fresca, la domanda da porsi è: cosa ci fanno un peroquet blu libero, fuori dalla sua gabbia, e un pesce rosso nella brocca dell’acqua?
Che qualcosa accadrà l’occhio attento lo rileva subito, sin da quello scampanellio.
Jean-François è sulla porta, compìto, ben spazzolato con i capelli tirati da parte e pulito, ne potremmo sentire il profumo, le ginocchia esposte a qull’arietta, rosse come le gote. È un’infanzia sana, da vita all’aria aperta.
Nel suonare, immaginando fosse la mamma ad aprire la porta, probabilmente si è sfilato dalla testa la berrettina che ora tiene tra le mani, un po’ imbarazzato, pronto a correre dall’amico dopo i convenevoli dovuti all’ospite. È quella stessa berrettina, che Jean-Françoise indossa in copertina e che Gérard Dubois vuole a righe bianche e rosse affinché lo sguardo vi si posi, che racconta ben prima che succeda quel che accadrà. Jean-François, l’avrà acchiappata al volo prima di uscire da casa, ma ci sono capi che non si trovano lì per caso o quel per caso è la scusa per averli sempre a portata di mano. Sono quegli indumenti ai quali i bambini si affezionano perchè secondo loro aprono possibilità infinite, che vestendo celano e travestendo svelano, quando per i grandi sono solo di buona fattura e tessuto resistente per ripararli dal freddo. Questo berretto tanto ricorda il berretto frigio, quello tutto rosso delle barricate, simbolo di libertà che Eugené Delacroix dipinge sulla testa della Marianne nel 1830 e a cui la composizione della copertina rimanda e che qui sta a significare guai: tutto è lecito sotto il cappello della rivoluzione! Certo i due ingannano visti così uno accanto all’altro...ma la signora Martin non legge i segnali: non le braccia intrecciate dietro non le mani nascoste non il berretto frigio in bella mostra! e li lascia lì mentre si reca, col bel cestino intrecciato al braccio, nell’orto a raccogliere la verdura fresca per la cena.

Con l’orto occupato nessuna voglia di uscire all’aperto, ma di giocare si, tanta! Da soli in camera propria seduti sul letto…E se ci inventiamo una storia?
Facciamo che…e la storia ha inizio.
Due guerrieri solitari non hanno paura di nulla. Su un’isola deserta incontreranno nemici cattivissimi che combatteranno con armi speciali. La fuga dall’isola per salvarsi verso il Paese della Cuccagna e riposarsi almeno un po’ prima di incontrare un mostro peloso coi denti aguzzi che li vuole mangiare e dopo una lotta di un giorno intero per farlo prigioniero. E poi ancora a scalare una montagna, costruire una fortezza con tante torri e un ponte levatoio. E ancora la fuga quando il nemico viene dal cielo, verso il deserto, senza dimenticarsi l’acqua anche per il prigioniero; travestirsi per non farsi riconoscere e poi un po’ dormire, ma con un occhio solo, prima di riprendere la battaglia in un fiume pieno zeppo di coccodrilli, dove la corrente porta verso una cascata e cadere, cadere! e acqua da tutte le parti e…

André Marois, Gérard DuBois, Facciamo che, orecchio acerbo, Roma 2016

Si legge in un fiato con crescente velocità, trasportati dal gioco che si fa sempre più concitato, man mano che la fantasia vola e la foga trasporta, quando attorno non c’è più nulla: non la camera, non la sala, non la tua casa, ma quel mondo che stai costruendo da un’altra parte e che un amico completa, integra, prosegue seguendoti in salti e corse mentre scendi le scale, che non son scale in quel momento, a balzelli. Portandoti appresso quel che serve: la coperta come la tromba, il mocho, pentole come elmi e coperchi come scudi, brandendo mestoli. Accatastando sedie sul tavolo e salire sempre più su. Dondolarsi appesi al lampadario come Pippi (Calzelunghe!) e saltare il divano come fosse una barricata incontro al nemico. Tuffarsi sul lettone in camera di mamma e papà per trovare un po’ di pace e la frescura del lenzuolo e ancora, infine, passare al bagno, all’acqua…e dopo avere inevitabilmente una nuova nemica e molta paura. Ma aver giocato come se non ci fosse un domani.

Durante il convegno Il Mondo intorno: quali relazioni, azioni, oggetti per l’infanzia di oggi?, tenutosi all’interno di Family Care, festival per l’infanzia e le famiglie svoltosi in maggio 2016 a Brescia, Fausta Orecchio, editore di Orecchio Acerbo, così definisce un bel libro:
Un libro bello sono dieci libri. Un libro bello sono tanti libri quante le possibilità di lettura che offre e gli sguardi che ti consente di accendere, la possibilità di avvicinarti a tante cose, di declinare tante cose e declinarti in tanti ragionamenti in tanti sguardi.
Ecco, sì, qui ci sono decisamente tante cose!
E l’inno è proprio alla libertà! Libertà di essere bambini, di giocare e di muoversi anche nelle figure dei libri.



nota: questo articolo è apparso per la prima volta su Luuk Magazine il 9 Ottobre 2016, oggi qui modificato nel testo e integrato di alcune illustrazioni 

Facciamo che
di André Marois
illustrato da Gérard DuBois
traduzione Paolo Cesari
editore Orecchio Acerbo
euro 13,90


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